Paesaggi e parole d’Armenia di Antonia Arslan

di Antonia Arslan

Che l’Armenia sia un paese straordinario, con una varietà incredibile di paesaggi affascinanti, sontuosi e originali, tutti segnati dai meravigliosi khatchkhar, le croci di pietra incise come ricami sulle steli di tufo a misura d’uomo, che sia un paese piccolo che dà l’impressione di essere grande, questo ogni viaggiatore lo racconta. E racconta anche della cordiale gentilezza dei suoi abitanti, della loro spontanea generosità verso l’ospite, di quella mitezza tranquilla che da sempre contraddistingue la grande maggioranza di questo popolo, abituato da tanti secoli a sopravvivere nonostante tutte le avversità e gli eccidi che è stato costretto a subire. E poi del cibo, del pane lavash, delle danze, della nostalgica musica popolare, del suono struggente del duduk…

Nella piccola Armenia, in trentamila chilometri quadrati si trova proprio di tutto: selvagge alte montagne, un vasto lago con spiagge accoglienti, pianori misteriosi dove si ergono le pietre, misteriosamente lavorate e disposte secondo precisi calcoli, che permettevano ai primi abitanti dell’altopiano di studiare le stelle e le costellazioni. E poi le straordinarie “chiese di cristallo”, come le chiamò tanti anni fa il critico Cesare Brandi in un articolo che fece epoca: le singolari originalissime architetture, nascoste negli anfratti boscosi e su alture ben scelte, che resistono ancora oggi, a dimostrare nei secoli l’abilità e le originali soluzioni architettoniche degli artigiani e degli architetti armeni, capaci già nel quinto e sesto secolo dopo Cristo di inventare strutture antisismiche perfettamente funzionali.
Queste chiese, che testimoniano la profonda religiosità degli armeni, sono circondate da altri edifici: luoghi di incontro per le comunità, scriptoria di monaci sapienti, rifugi per i viaggiatori, centri di studio e di preghiera: tutto il paese era instancabilmente percorso da monaci e mercanti, che tessevano e ritessevano le vie della sopravvivenza e della cultura, servendosi di quel meraviglioso alfabeto che sembra un ricamo paziente e misterioso, che circonda le pietre scolpite, e veniva inciso generazione dopo generazione sulle pareti delle chiese, a raccontare gli eventi e la storia delle comunità, incidendoli dove nessuno li poteva cancellare.

Mantenere la memoria: è ciò che gli armeni chiedono, quando si viene a parlare della tragedia del genocidio che li ha quasi sterminati, e che per loro distingue un “prima” e un “dopo” divisi da un solco indelebile di sangue: e allora, sulla “collina delle rondini” vicino alla capitale Erevan, bisogna visitare il bellissimo monumento che – senza retorica, ma con un effetto impressionante – viene ricoperto, in occasione del 24 aprile, giorno della memoria per il popolo armeno, con un tappeto di fiori rossi portati ogni anno da più di un milione di pellegrini, che accorrono, insieme, dall’interno del paese e dalla diaspora.
© Antonia Arslan

Antonia Arslan
Antonia Arslan è stata professore di letteratura italiana moderna e contemporanea
all’università di Padova. È autrice di saggi pionieristici sulla narrativa popolare e sulle scrittrici italiane. Il suo romanzo La masseria delle allodole (Rizzoli, 2004), che attinge alle memorie familiari per raccontare il genocidio degli armeni, ha vinto numerosi premi ed è diventato un bestseller internazionale. Ha, inoltre, ispirato l’omonimo film dei fratelli Taviani del 2007. Nel 2009 è uscito il seguito La strada di Smirne (Rizzoli) e nel 2015 è stato pubblicato il terzo romanzo della saga famigliare, Il rumore delle perle di legno (Rizzoli). E’ autrice anche del testo Il libro di Mush (Skira, 2012) nel quale racconta l’affascinante storia del Vangelo portato in salvo da due donne armene in fuga dal genocidio. Ha curato, contribuito alla pubblicazione e scritto la prefazione di molti testi sul genocidio, la letteratura e la storia dell’Armenia. Per ulteriori informazioni: www.antoniarslan.it

Il testo Paesaggi e parole d’Armenia di Antonia Arslan è pubblicato come prefazione nella guida Armenia e Nagorno Karabakh di Nadia Pasqual (Polaris Editore).
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